Il fallimento del Brescia: 114 anni cancellati da un silenzio. Escluso dal professionismo, ora si tenta di salvare la matricola
Cellino non paga, il Brescia sparisce. E i playout? Erano una farsa prima, figuriamoci adesso

Il fallimento del Brescia: 114 anni cancellati da un silenzio. Escluso dal professionismo, ora si tenta di salvare la matricola
Cellino non paga, il Brescia sparisce. E i playout? Erano una farsa prima, figuriamoci adesso.
Venerdì 6 giugno 2025, ore 15. È l’ora esatta in cui si spegne la storia sportiva di una delle società più antiche del calcio italiano. Il Brescia Calcio, fondato nel 1911, viene ufficialmente escluso dai campionati professionistici. La causa? Il mancato versamento di 4,3 milioni di euro tra stipendi, contributi e pendenze fiscali da parte del presidente Massimo Cellino. Un’omissione che ha avuto il peso di una sentenza definitiva.
Un epilogo ancora più amaro se si pensa che la squadra si era salvata regolarmente sul campo, conquistando la permanenza in Serie B al termine della stagione. Poi, il colpo basso: una penalizzazione di otto punti per irregolarità amministrative ha fatto sprofondare le Rondinelle in zona retrocessione, aprendo le porte alla salvezza della Sampdoria, che era retrocessa sul campo. Un colpo durissimo. E il resto è cronaca di un fallimento annunciato: mancata iscrizione, crollo tecnico e simbolico.
Davanti alla sede del club, la scena è dolorosa e surreale: dipendenti che escono con scatoloni, computer, effetti personali. Qualcuno piange, altri osservano in silenzio. I tifosi esplodono: prima applausi a chi ha lavorato con dignità, poi cori durissimi contro la proprietà. Ma di Cellino, nessuna traccia. Nessuna spiegazione. Nessun confronto. Solo silenzio.
Nel frattempo, in Comune si tenta di salvare ciò che resta. La sindaca Laura Castelletti ha convocato d’urgenza un tavolo con le tre realtà calcistiche provinciali impegnate nei professionisti: FeralpiSalò, Lumezzane e Ospitaletto. L’obiettivo? Trovare una soluzione per preservare la matricola sportiva del Brescia ed evitare una ripartenza dall’Eccellenza, che sarebbe una ferita profonda per l’intera città. Al momento, solo l’Ospitaletto – fresco di promozione in Serie C – ha aperto timidamente alla possibilità di un’operazione-ponte. Le altre si sono chiamate fuori.
Tra i pochi a esporsi pubblicamente, il capitano Dimitri Bisoli. Il suo pensiero, affidato a un post via Instagram sul profilo della moglie, è un grido di appartenenza:
“Sono stati calpestati 114 anni di storia, ma il Brescia non morirà mai. È un popolo, non solo una squadra. Io ci sono, e se ci saranno le condizioni, resterò”.
Ma il caso Brescia scuote l’intero sistema della Serie B. I playout tra Salernitana e Sampdoria, previsti per il 15 e il 20 giugno, erano già stati etichettati da molti come una farsa, per l’interpretazione dei regolamenti e la tempistica forzata. Adesso, con l’uscita di scena del Brescia, diventano quasi surreali.
Si giocheranno due partite per decidere chi resterà in Serie B, mentre una squadra già retrocessa è stata esclusa per motivi extracalcistici. Il tutto con un posto potenzialmente vacante e un ricorso ancora in piedi: l’udienza contro la penalizzazione è fissata per il 10 giugno. Ma ormai è troppo tardi. Il Brescia, per ora, non esiste più.
Si chiude così una delle pagine più amare del calcio italiano. Un club che ha cresciuto campioni come Baggio, Pirlo, Guardiola e Hamsik viene cancellato non da un pallone che non entra in rete, ma da una firma che non arriva.
E ora? La speranza è che la città riesca a salvare almeno la matricola, tentare una ripartenza in extremis in Lega Pro sfruttando il titolo sportivo di un’altra società. Evitare l’Eccellenza significherebbe evitare il baratro. Ma serviranno investitori, visione, e soprattutto una vera rinascita.
Perdere sul campo si può accettare. Scomparire così, no.
Il Brescia è caduto, ma il suo popolo no.
E in fondo, anche la Leonessa più ferita… prima o poi torna a ruggire.