Gianluca Petrachi riparte da Torino, ma il passaggio alla Salernitana continua a rappresentare uno dei capitoli più amari della sua carriera. Nel podcast “Doppio Passo”, l’ex direttore sportivo ha ripercorso i sei mesi vissuti in Serie B dopo la retrocessione dalla A, fino alla separazione dal patron Danilo Iervolino e al successivo crollo del club fino all’attuale Lega Pro.

Petrachi chiarisce subito il contesto del suo arrivo:
«Mi aveva scelto la Brera Holdings e non l’attuale proprietà» racconta. «Quando la trattativa con Brera è saltata, mi sono trovato in un quadro totalmente diverso. Mi sono sentito intrappolato. È forse l’unica scelta davvero forzata della mia carriera».

C’è però un motivo per cui aveva detto sì:
«Non lavoravo da tre anni e volevo rilanciarmi. Una piazza come Salerno, con quella passione e quel trasporto, sembrava il luogo ideale per ripartire» spiega. «Speravo di poter incidere, cambiare qualcosa. Ma col tempo ho capito che nell’attuale società non c’era una mentalità vincente».

Il rapporto con la dirigenza non si è mai consolidato:
«Arrivato a un certo punto avrei dovuto fare un passo indietro» ammette. «Non l’ho fatto subito perché, dopo Roma, litigare ancora con un presidente avrebbe alimentato l’idea che il problema fossi io».

Poi Petrachi entra nei numeri, rivendicando il lavoro economico fatto in pochi mesi:
«Alla Salernitana ho prodotto un lavoro da 50 milioni di euro: 32 milioni di entrate dal mercato e 18 milioni risparmiati sugli ingaggi» spiega. «A fronte di tutto questo, però, mi sono ritrovato con soli 1 milione e 200mila euro per costruire la squadra. Con una cifra simile puoi solo ritoccare, non cambiare l’ossatura».

La consapevolezza di essere in un vicolo cieco è maturata presto:
«A gennaio ho capito che non si poteva andare oltre» dice. «Non c’erano margini per intervenire né sul gruppo né sulla testa delle persone. La separazione è stata inevitabile».

Il rammarico sulla sua carriera è evidente:
«Fin prima della Salernitana avevo un rendimento da otto. Non avevo mai sbagliato una stagione. Quei sei mesi hanno macchiato il mio percorso».

Poi arriva il passaggio più emozionato:
«La dignità del tifoso granata è incredibile» afferma. «Sempre vicini alla squadra, sempre presenti. A Salerno vedi famiglie intere allo stadio: nonno, padre e nipote insieme. Una cosa bellissima».

Considerazione finale

Lo sfogo di Petrachi riassume una stagione nata con l’idea di rilanciarsi in una piazza calorosa come Salerno, ma finita nel segno di una struttura societaria priva – a suo dire – della mentalità vincente necessaria per risalire. L’affare Brera sfumato, il budget ridottissimo e un ambiente difficile da cambiare hanno trasformato un’occasione di rinascita in una parentesi dolorosa. Ciò che resta, nelle sue parole, è il rispetto per una tifoseria che continua a dimostrare una dignità e una passione meritevoli di ben altro progetto tecnico.