Sampdoria, rabbia e orgoglio in corteo: “Pretendiamo rispetto, la maglia non si abbandona. Se ci saranno i playout, noi ci saremo”
Tifosi in marcia a Genova, chiedono verità e dignità

Un fiume di gente, tra rabbia e amore, ha invaso le strade di Genova. I tifosi della Sampdoria sono tornati a manifestare, a pochi giorni dalla fine della stagione che verrà ricordata come la più dolorosa della storia blucerchiata. Il corteo, organizzato dopo l’annullamento della manifestazione prevista lo scorso 22 maggio, si è trasformato in un grido di appartenenza, un appello accorato per chiedere verità, rispetto e una nuova dignità sportiva.
“Siamo fieri, ma incazzati”, hanno scandito a gran voce i rappresentanti della Gradinata Sud, cuore pulsante della tifoseria doriana. “Se dovessero disputarsi i playout contro la Salernitana, noi ci saremo. Senza se e senza ma”.
I volti, i cori, le bandiere e le sciarpe raccontano una passione che non si arrende. Una manifestazione sentita, ma composta, in cui si è alternata la denuncia alla speranza. “Abbiamo vissuto la stagione più indegna degli 80 anni della Sampdoria – hanno detto i tifosi – e vogliamo che vengano fatti nomi e cognomi di chi ha portato questo club nel baratro. Il primo responsabile è il presidente Manfredi: ha fallito su tutti i fronti, dalla gestione sportiva alla comunicazione. Dopo la disfatta di Castellammare ci aspettavamo una presa di posizione. Invece, solo silenzi e comunicati vaghi”.
Nel mirino anche l’intera dirigenza e l’area tecnica: “Fiorella, Messina, Accardi… tre allenatori mandati via in un anno, nessuna programmazione, nessuna visione. È mancata la serietà, è mancato il rispetto per una tifoseria che ha sempre sostenuto la squadra, anche nei momenti peggiori”.
Ma il corteo non è stato soltanto un atto d’accusa. È stato, prima di tutto, una dichiarazione d’amore. Un gesto viscerale, istintivo, per ribadire che la Sampdoria vive attraverso il battito della sua gente. “Le nostre scelte – hanno ribadito – sono dettate dal cuore. Per la maglia, per quei colori, per i fratelli della Gradinata. La Samp è nostra e continuerà a vivere finché noi ci saremo. In ogni categoria, ovunque”.
In molti hanno ricordato il 13 maggio 2025, la data della retrocessione in Serie C, come una ferita aperta, impossibile da dimenticare. “Solo la tifoseria si è assunta la responsabilità morale di questa maglia. I calciatori, dopo il disastro del Menti, pensavano solo alla pizza. Noi, invece, avevamo lo stomaco chiuso per la vergogna. Ma eravamo lì. E ci saremo anche domani”.
Nel corteo, l’identità blucerchiata si è fusa con il dolore e la voglia di riscatto. “Chi lavora per la Gradinata lo fa col cuore – hanno spiegato i gruppi organizzati –. Possiamo sbagliare, ma non lo facciamo mai in malafede. Serve unità, ascolto, rispetto reciproco. Dobbiamo ricostruire partendo da noi stessi. Dal bambino con la sciarpa sulle spalle al vecchio con i capelli bianchi: la Sampdoria è di tutti”.
Un messaggio chiaro e potente. Perché se la società oggi è in crisi, la tifoseria no. Anzi, è più viva e orgogliosa che mai. La Sampdoria, oggi più che mai, è la sua gente. E quel corteo, più che una protesta, è stato un giuramento: “Noi non smetteremo mai di crederci”.