All’Arechi finisce tra i seggiolini: Salernitana-Samp sospesa al 66’ e granata in Serie C
La squadra ligure si salva, ma resta l’ombra di un play-out contestato. Tifosi in rivolta, partita interrotta tra lacrime, rabbia e rimpianti.

Doveva essere la notte della verità, si è trasformata nell’immagine di un calcio ferito. Salernitana-Sampdoria, il ritorno del play-out disputato domenica 22 giugno alle 20:30 allo stadio Arechi, si è chiusa prima del previsto. Al 66’ l’arbitro Daniele Doveri ha sospeso il match dopo l’ennesimo lancio di fumogeni e seggiolini in campo da parte dei tifosi granata. Una scena drammatica che ha segnato la fine di ogni speranza: la Salernitana retrocede in Serie C, mentre la Samp festeggia la salvezza. Ma a vincere, in realtà, non è stato nessuno.
Il vantaggio doriano e l’incendio sugli spalti
La tensione si è avvertita fin dal fischio iniziale, ma ha iniziato a esplodere davvero al 38' quando l'ex Massimo Coda ha siglato la rete dell’1-0 per i liguri, gelando un Arechi infuocato. La reazione della squadra campana, bloccata e contratta, non è bastata a scuotere un pubblico già logorato da settimane di polemiche e tensioni.
Nel secondo tempo, la Salernitana ha tentato una reazione confusa, ma al 49’ è arrivato il colpo del ko: il raddoppio firmato da Giuseppe Sibilli ha fatto crollare le ultime certezze. In pochi minuti, il clima allo stadio è degenerato: lancio di fumogeni verso il campo, urla, spintoni, poi i primi seggiolini staccati e gettati in campo. Doveri ha interrotto il gioco al 66’, tentando inizialmente di sedare la protesta. Ma era già troppo tardi.
Tensione alle stelle, partita sospesa
Mentre gli steward e le forze dell’ordine si disponevano lungo il perimetro del campo, una parte della tifoseria ha cercato di forzare i cancelli tra curva sud e distinti. L’atmosfera era rovente, con la squadra granata completamente impotente davanti a quanto stava accadendo. Doveri ha atteso, ha sperato, ha consultato la Digos, ma dopo oltre 40 minuti di stop, la decisione è diventata inevitabile.
Le squadre sono rientrate per pochi istanti, ma al nuovo ingresso in campo è ripreso il lancio di oggetti verso il portiere della Salernitana, Christensen, preso di mira nonostante fosse l’estremo difensore della squadra di casa. A quel punto, Doveri ha radunato i capitani e ha pronunciato le parole definitive: “Si chiude qui”.
Una retrocessione amara, figlia di un contesto malato
Con la sospensione del match e il punteggio fermo sul 2-0 per la Sampdoria, la Salernitana saluta la Serie B e scivola in C. Ma il campo, stavolta, racconta solo una parte della verità. Il resto sta nei regolamenti cambiati in corsa, nel reintegro della Samp grazie alla penalizzazione del Brescia, nelle dinamiche che hanno trasformato il play-out in un incubo per la tifoseria granata.
Chi era all’Arechi domenica sera non ha assistito solo a una partita, ma a un crollo di fiducia. I gesti dei tifosi – pur condannabili – non sono nati dal nulla. Sono il frutto di settimane vissute con la percezione di essere stati messi in trappola da un sistema che ha mostrato falle, incoerenze e mancanza di rispetto verso i protagonisti più fedeli: i tifosi.
Il calcio italiano a un bivio
Non basta parlare di sanzioni o tavolini. Non è sufficiente aggiornare un risultato sul tabellino. Quanto accaduto a Salerno impone una riflessione profonda. Il calcio italiano non può più permettersi ambiguità, scorciatoie regolamentari o silenzi istituzionali.
La Salernitana scenderà in C, ma a perdere è qualcosa di più grande: la credibilità di un intero sistema. E se le regole non tornano ad avere valore universale, se le stagioni si decidono in tribunale prima che in campo, allora le lacrime di un’intera città non saranno né le prime né le ultime.