Dovessimo dare un voto al calciomercato della Salernitana basandoci sulla promessa fatta da Lotito di lottare per il vertice - sbandierata al momento della presentazione di Ventura - non potremmo certo ritenerci soddisfatti. Ad oggi, infatti, almeno 4/5 compagini del torneo cadetto presentano sulla carta un organico nel complesso più completo rispetto ai granata. Inoltre, volendo spingerci nella critica, appaiono molti i “se” che, almeno inizialmente, sembrerebbero accompagnare l’avventura di questa Salernitana nel torneo cadetto. Se Jallow esplode, se Akpà non si infortuna, se Cerci torna quello di Torino, se il polacco si ambienta, se Heurtaux recupera la forma fisica. Se, se e ancora se. Premesse iniziali tutt’altro che entusiasmanti dopo quattro anni deludenti da un punto di vista dei risultati ed entusiasmo.  E la risposta del pubblico, tiepida, sugli abbonamenti, lascerebbe immaginare come ci sia ancora tanto da fare per ridare calore  ad una piazza affamata di calcio. Eppure, qualcosa è cambiato... attraverso un ritorno al passato. A quell’idea di calcio propositivo messa in pratica da giovani calciatori, in cerca di affermazione e/o riscatto, che tanto ha fatto stropicciare gli occhi in quei favolosi anni novanta. Quelli che hanno visto la Salernitana disputare consecutivamente un campionato di serie A e nove di serie B. È storia, niente di più. Un’aria nuova, insomma che porta il nome di Gian Piero Ventura. Si proprio lui, etichettato come quello che “non ha centrato l’accesso ai Mondiali”, giunto finanche con scetticismo a Salerno, sta pian piano convincendo tutti. E non per il suo passato, che non si discute, ma per la determinazione e la voglia di dimostrare di essere ancora qualcuno. “Per riprendermi la mia carriera” disse alla sua presentazione. Ed aveva ragione. L’inizio è boom, due vittorie contro Pescara e Cosenza e primo posto provvisorio in classifica. Ma, paradossalmente, questo è l’aspetto meno importante, semmai una conseguenza, come lui stesso  ama spesso ripetere. Il successo, quello vero, è un altro. Innanzitutto l’aver ottenuto dalla società una rivisitazione quasi totale dell’organico, necessaria dopo la scorsa stagione. L’essere partito con un preciso spartito tattico che abbia come una unica sinfonia “la costruzione del gioco”, una novità quasi assoluta da queste parti. E soprattutto,  l’aver trasmesso alla squadra la fame di imporsi al grande calcio, conditio sine qua non per creare presupposti vincenti. Può sembrare poco, eppure è già tanto. E con il tempo, il lavoro, e perché no, con sempre più tifosi allo stadio, chissà che quel gap numerico e qualitativo con le altre 4/5 compagini non possa ridursi. Perché in fondo la Salernitana ce l’ha -eccome- il suo top player: Gian Piero Ventura. Armando Iannece