Salernitana, un tempo da big e poi gestione che diventa paura: il 2-1 al Foggia pesa, ma non basta a cancellare i difetti
Capomaggio la indirizza, l’uomo in più non la chiude: ora la società deve scegliere se puntare davvero alla B
La Salernitana torna a vincere all’Arechi e lo fa con un copione già visto: brillante e aggressiva quando parte forte, molto meno lucida quando deve dare il colpo di grazia. Il 2-1 al Foggia interrompe quasi due mesi di pareggi interni e mantiene i granata a -3 dalla vetta, terzi, ma conferma una squadra ancora troppo altalenante e spesso priva di quella ferocia che serve per “ammazzare” le partite.
Raffaele stavolta azzecca l’approccio e le scelte: niente tempo buttato, niente rigidità. Parte con un 4-2-3-1 a trazione anteriore, Salernitana intensa, propositiva, con gamba e coraggio. La manovra trova ampiezza e ritmo, arriva la doppietta di Capomaggio e sembra tutto apparecchiato. Ma la solita leggerezza difensiva rimette in corsa i dauni con Castorri. Poco prima dell’intervallo, però, il Foggia si complica da solo la vita: Olivieri entra in modo sconsiderato su Knezovic, il VAR conferma l’espulsione e la Salernitana rientra negli spogliatoi con l’uomo in più e il vantaggio di poterla chiudere.
Nella ripresa, invece, la gestione si trasforma in prudenza eccessiva. Raffaele passa al 4-3-3 inserendo De Boer per infoltire il centrocampo, controllare il possesso e mettere il risultato in cassaforte. Scelta logica, ma la squadra perde incisività, non chiude i conti e finisce per soffrire fino al triplice fischio, rischiando il 2-2 nel finale praticamente per un soffio. Tre punti pesanti, sì. Ma con la sensazione che, anche in superiorità numerica, manchi quella personalità da grande.
Ed è qui che entra in scena il “secondo tempo” più importante, quello societario. Un applauso vero va al ds Daniele Faggiano, che con un budget risicato imposto dalla società del patron Danilo Iervolino — con il presidente Maurizio Milan e l’amministratore delegato Umberto Pagano a definire in estate la somma disponibile per costruire la squadra — ha comunque fatto un mezzo miracolo sportivo. E un applauso va anche a Giuseppe Raffaele: è finito giustamente sotto l’occhio del ciclone dopo qualche passaggio a vuoto, ma con una rosa dai limiti tecnici evidenti ha tirato fuori il massimo, portando la Salernitana a -3 dal primo posto e al terzo posto in classifica.
Il punto, però, è proprio questo: cosa pretende la società, oggi, da squadra e allenatore. Se si pensa che questa rosa, così com’è, possa vincere il campionato, si rischia di prendere in giro una piazza calda come Salerno che non ha l’anello al naso. Questa squadra sta facendo più di quanto dicono le sue caratteristiche perché è un gruppo unito, che segue il tecnico, ma per valori resta una squadra da playoff. E dopo lo scempio dell’ultimo biennio, si deve pretendere di più dalla società che ha mortificato il tifoso granata: serve fermarsi un attimo e farsi un bagno di umiltà, perché la presunzione nel calcio non porta nulla di buono.
Ora, con l’apertura del mercato invernale, tutto passa nelle mani, nelle scelte e nella volontà del patron Danilo Iervolino. Sei a -3 dalla vetta: se vuoi davvero salire in Serie B devi investire cifre importanti per rompere gli equilibri del girone, con almeno cinque calciatori di categoria di livello tecnico elevato. Il reparto da stravolgere è la difesa: per una squadra che ambisce al traguardo sono stati presi troppi gol. Servirebbe anche un portiere, perché nelle ultime circostanze Donnarumma ha sbagliato troppe letture. E poi i nomi vanno detti con chiarezza: Coppolaro, Frascatore e Matino oggi sono inadeguati per un progetto da vertice, vanno ceduti oppure, al limite, tenuti solo come alternative di panchina, prendendo giocatori pronti a scendere subito in campo e a lottare.
Anche il centrocampo deve essere irrobustito: Varone è lento e macchinoso e altri componenti vanno attenzionati. Perché la gara col Foggia è una fotografia impietosa: in superiorità numerica, avanti 2-1, la Salernitana non l’ha chiusa e ha rischiato la beffa. E allora diventa quasi un obbligo muoversi davanti: Bruzzaniti del Pineto, che a suon di reti sta trascinando la sua squadra ed è seguito anche dal Catania, va preso con decisione e rapidità. E la ciliegina sulla torta, il colpo che cambierebbe davvero peso e prospettiva, è il pupillo di Faggiano: Lescano dell’Avellino. Investimento oneroso, sì, ma solo così puoi ambire davvero a vincere il campionato.
La risposta, adesso, deve essere chiara e netta: se le intenzioni sono la Serie B non basta dirlo, servono fatti. Non bisogna vendere sogni ma solide realtà, perché le chiacchiere se le porta via il vento. Questo è il business del calcio: la società lo ha capito davvero oppure no?