Generalmente, per l'allestimento di una rosa, c'è solo un modo funzionale, utile (non per questo, di sicuro vincente), per conseguire degli obiettivi differenti dal galleggiamento in cadetteria: fin dal ritiro estivo, infatti, il direttore sportivo, di concerto con la proprietà, prova a mettere a disposizione del proprio allenatore dei giocatori maggiormente funzionali alla propria idea di gioco. Ebbene, a bocce ferme, per comprendere il passato recente, utile (chissà) a prefigurare il prossimo futuro, la Salernitana non ha mai potuto consentire al proprio allenatore di turno, la possibilità di mettere "bocca" sull'allestimento della rosa, salvo poi doversi assumere le responsabilità per un organico monco e disomogeneo messo insieme dal "talent scout" granata, riconfermatissimo sulla toda della nave. Al netto dei vari Mazzarani, Altobelli, Vuletich, Bernardini, Gigliotti, Perticone, imposti dal diesse granata, in attacco il trainer di Anzio, aveva richiesto il sacrificio economico per una punta: le alternative erano Torregrossa (per il quale il costo del cartellino era troppo elevato) e Montalto: l'ex Ternana sarebbe giunto a costo zero, ma con un sacrificio economico per sostenere l'ingaggio. Al netto delle richieste del tecnico (soddisfatto per i soli Palumbo e Castiglia), il responsabile del mercato granata impose l'affare Milan Djuric, già chiuso nel mese di Maggio salvo poi gli inconveniente con il Bristol (titolare del cartellino). Eppure l'attaccante serbo, giunto a ritiro ormai concluso e vittima di due lunghi infortuni, ha dovuto attendere oltre sei mesi per recuperare una buona forma fisica ed assicurare un contributo in termini di lavoro per la squadra oltre che di reti, nell'ultima parte di stagione. Medesimo discorso per Lamin Jallow, in relazione al rapporto qualità-prezzo, individuato come il migliore giocatore possibile per una squadra avente in rosa, nel reparto avanzato eccezion fatta per Bocalon, varie scommesse. Eppure, nelle more, doveva essere costruita la squadra per il centenario, in grado di stare costantemente in zona play-off, obiettivo raggiunto grazie all'abnegazione di un gruppo che aveva offerto il meglio di se sotto la gestione Colantuono per poi perdersi, complice l'assenza di amalgama e personalità degli uomini scelti (come sempre a caso) dal titolarissimo e factotum "talent scout" della Salernitana. Ebbene se "sbagliare e' umano, perseverare è diabolico", la conferma del diesse sportivo altro non è che la conferma di un operato (tutt'altro che fallimentare per la società), conforme ai reali obiettivi e, magari, espressione di un ruolo che va ben oltre il rapporto datore di lavoro-prestatore d'opera. D'altronde (è lecito chiedersi), fuori da Salerno, esiste ancora una società che punterebbe sulle doti dell'esperto professionista granata?