Mafia e pallone, terremoto in Serie B: la Juve Stabia finisce in amministrazione giudiziaria per infiltrazioni camorristiche. Ipotesi rinvio delle gare e “bonifica” dei servizi interni
Gratteri: «Tutto nelle mani dei clan».

La fotografia scattata dagli inquirenti è durissima: la Juve Stabia è stata posta in amministrazione giudiziaria per presunte infiltrazioni mafiose. Il decreto, emesso dal Tribunale di Napoli ai sensi dell’articolo 34 del Codice antimafia, è arrivato su richiesta congiunta della Procura partenopea, della Direzione nazionale antimafia e del Questore. La gestione del club viene affidata a un pool di professionisti incaricati di riportare la società lungo un percorso di legalità. È il terzo caso di questo tipo nel calcio professionistico dopo Foggia e Crotone.
«Gli spostamenti della squadra, la sicurezza, il beveraggio, la gestione dei biglietti: tutto era nelle mani della camorra», ha spiegato il procuratore di Napoli Nicola Gratteri, delineando una subordinazione del club ai clan D’Alessandro e Imparato. Il procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo ha definito il quadro «un caso scuola», rimarcando lo scandalo di un’infiltrazione che questa volta tocca la Serie B.
Cosa c’è nel provvedimento
Il decreto non riguarda solo la società sportiva, ma anche imprese che operano attorno alle partite. Gli investigatori indicano condizionamenti in sicurezza, ticketing, bouvetteria/beverage, pulizie e servizi sanitari; fino al 2024 sarebbe stato influenzato anche il trasporto della prima squadra: un sistema che, messo insieme, configura un oggettivo condizionamento mafioso dell’attività economica.
Le interferenze arrivano fino al settore giovanile: un’area che, secondo gli accertamenti, sarebbe stata usata per coltivare consenso tra i minori, piegando l’identità formativa della cantera a interessi criminali. Il Questore di Napoli, Maurizio Agricola, ha ricordato inoltre controlli recenti che hanno portato a decine di DASPO e all’individuazione di soggetti contigui ai clan nelle aree di prefiltraggio allo stadio.
Nel reticolo d’influenza ricostruito dagli inquirenti emergono anche legami con il clan Cesarano, oltre alla centralità del clan D’Alessandro sul territorio stabiese. Riscontri arrivano sia da atti d’indagine sia da collaboratori di giustizia e da registrazioni di colloqui in carcere.
Prefettura: possibile rinvio di alcune partite
Il prefetto di Napoli, Michele Di Bari, parla di provvedimento «spartiacque»: in Prefettura è operativo un gruppo interforze che valuta ulteriori misure. Non è esclusa la richiesta alla Federcalcio di rinviare alcune gare, per dare tempo alla riorganizzazione dei servizi “contaminati” e mettere in sicurezza l’intero perimetro operativo del club.
Il contesto: non un fulmine a ciel sereno
Il caso Juve Stabia si innesta in una scia già tracciata: Foggia e Crotone erano stati destinatari di analoghi provvedimenti; per i calabresi il Tribunale di Catanzaro ha confermato l’amministrazione giudiziaria per un anno, respingendo le contestazioni difensive. È la dimostrazione che gli stadi e l’indotto possono diventare un campo d’affari per reti criminali capaci di penetrare dove c’è gestione di flussi, appalti, biglietteria e sicurezza.
Analisi e responsabilità
Da cronista che ha seguito conferenze e carte, lo dico senza giri di parole: in Serie B non può accadere che i gangli vitali di una società – sicurezza, biglietti, servizi essenziali, persino il vivaio – risultino permeabili al pressing mafioso. Se gli investigatori arrivano a nominare amministratori e a ipotizzare il rinvio di partite, significa che i presidi interni della Juve Stabia sono falliti.
Racconto ciò che ho ascoltato oggi: magistrati e forze dell’ordine parlano di una subordinazione strutturale del club a interessi criminali. E allora la domanda – morale prima che sportiva – è semplice: dov’era la società mentre tutto questo prendeva forma? La trasparenza sulle gare d’appalto, la due diligence su fornitori e stewarding, la netta separazione tra tifo e governance non sono dettagli burocratici: sono il muro che tiene fuori i clan. Qui, quel muro è crollato.
Chi oggi guiderà il club in amministrazione giudiziaria ha davanti un compito chiaro: spezzare le filiere, rimettere regole, certificare ogni contratto, restituire credibilità a una piazza che non merita di vedere il proprio nome usato come strumento di consenso. Solo così la Juve Stabia potrà tornare a essere una società di calcio, non un contenitore vulnerabile ai poteri criminali.
Le prossime mosse
Nelle prossime ore gli amministratori giudiziari entreranno nella stanza dei bottoni per mappare contratti e procedure. La Prefettura valuterà, partita per partita, misure di ordine pubblico e tempistiche di eventuali rinvii, in raccordo con FIGC e Lega B. Per i tifosi e per la città, è il tempo della verità: ripulire, riformare, ripartire. Non c’è alternativa.