Il talento romano classe 2007, cresciuto nel vivaio granata, debutta in C con personalità: merito di Raffaele che lo lancia nel momento giusto.A Latina si è visto qualcosa che nel calcio riconosci subito: la personalità. Rocco Di Vico (Roma, 14 febbraio 2007), 18 anni appena nove mesi fa è entrato nella ripresa con la naturalezza dei grandi, testa alta e gioco semplice, e ha spostato il baricentro della Salernitana in avanti. 
Non è un caso isolato, ma il punto di un percorso iniziato nel dicembre 2023 quando, prelevato dall’Urbetevere, il centrocampista fu subito attenzionato da Stefano Colantuono, allora responsabile del settore giovanile. Da lì la scalata: Under 17, Primavera, fino alle due convocazioni in Serie A nel 2024 – Allianz Stadium contro la Juventus e San Siro contro il Milan – segnali precoci di una fiducia che oggi trova conferme sul campo.Lo scorso anno Giovanni Martusciello lo portò in ritiro a Rivisondoli: lo definì un 2007 “con colpi interessanti”, il tipo di attestato che pesa perché arriva da chi sa leggere i giovani. In Abruzzo Di Vico fu usato da jolly: mezzala, esterno destro alto, persino terzino. La versatilità non gli ha tolto identità, anzi: gli ha cucito addosso quella duttilità moderna che ti fa entrare in partita da qualsiasi porta. Il 23 agosto è arrivato l’esordio in Serie B, pochi minuti con il Sudtirol, poi altre briciole a Modena il 7 dicembre. Tante rotazioni, tanto apprendistato. La sensazione, però, era chiara: per fiorire serviva una categoria che gli concedesse minutaggio vero. 
La Serie C, appunto.A Cascia, in ritiro, Giuseppe Raffaele ha osservato e scelto. A Latina, nel momento in cui serviva un cambio d’inerzia, ha avuto il coraggio che spesso fa la differenza: dentro Di Vico. E il ragazzo lo ha ripagato con ciò che conta più di ogni statistica quando sei all’esordio: personalità, letture pulite, tempi d’uscita palla al piede, due-tre giocate che aprono linee di passaggio e danno fiato alla squadra. A fine partita lo stesso Raffaele ha preferito guardare al positivo: tra questi, proprio “il buon ingresso di Di Vico”. Non è retorica: è la fotografia corretta.Le referenze interne non mancano. Francesco Pistolesi, che lo portò dall’Urbetevere, lo descrisse subito come un ragazzo di personalità e serenità nella gestione dei momenti. La sua collocazione ideale? In un centrocampo a due, con libertà di proporsi in avanti; all’occorrenza mezzala in un terzetto; e, tra qualche anno, i tempi giusti per fare anche il play. È un profilo che può crescere dentro più sistemi senza perdere efficacia. 
Luca Fusco, che lo ha avuto in Under 17 e poi in Primavera, lo riassume con due parole chiave: umiltà e dedizione. Fu lui, vedendolo a Fisciano in un’amichevole con l’Under 16, a dire: “Prendetelo subito”. Oggi lo incoraggia pubblicamente e privatamente: testa bassa, lavorare, migliorare con Raffaele.Il ritratto tecnico è quello di un centrocampista moderno: visione di gioco, primo controllo orientato, gamba per strappare quando c’è campo, disciplina nel corto. Non è un “dieci” classico e non è un mediano puro: è un interno che ragiona, che si fa trovare tra le linee e sa allungare l’azione con tempi intelligenti. Le zone d’ombra? Normali per l’età: gestione del corpo nei duelli, continuità sulle due fasi, scelte nei 20 metri finali. Ma sono dettagli migliorabili con minuti veri e un contesto che lo responsabilizzi.La chiave, adesso, è tutta nei minuti. Perché l’esordio di Latina non diventi un fotogramma isolato ma la prima pagina di un racconto, serve continuità. 
La Salernitana – costruita per stare in alto – ha l’obbligo di vincere oggi e insieme di seminare il domani. In questo equilibrio, Di Vico è un investimento tecnico immediato: dà freschezza, alza i ritmi, offre alternative tattiche. E soprattutto mostra di non temere il salto. Il monito è chiaro: quando un giovane dimostra qualità e coraggio, l’età anagrafica smette di essere un argomento.Il merito dell’innesco va riconosciuto a Giuseppe Raffaele, che ha letto la partita e ha avuto il coraggio di fidarsi. Il resto tocca al campo: settimane di lavoro, scelte coerenti e altre opportunità. Perché se c’è una cosa che a Latina si è capita è che le luci, per una volta, possono restare accese su un 2007 che sa già stare in scena. E che merita di farlo più spesso.