Inglese
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Roberto Inglese, per tutti Bobby English, doveva essere il volto della rinascita granata. L’attaccante arrivato in estate a Salerno era stato presentato come il principe dell’area di rigore, l’uomo designato per trascinare la Salernitana verso la risalita in Serie B. E per un attimo è sembrato davvero così: il 5 ottobre, nel derby casalingo contro la Cavese, la sua doppietta ha griffato il 3-2 finale, accendendo l’entusiasmo di una piazza convinta di aver trovato il bomber giusto per puntare al vertice del girone C di Lega Pro.

Da quella giornata però, la sceneggiatura si è rovesciata. Quella vittoria avrebbe dovuto segnare l’inizio di una lunga striscia positiva, è diventata invece il punto di partenza di un’involuzione inattesa. Da allora Inglese non ha più trovato il gol in campionato: il suo rendimento si è appannato, le prestazioni sono diventate altalenanti, le occasioni mancate si sono sommate fino a incrinare la fiducia. Emblematica la pesantissima caduta di Benevento, 5-1: in un derby che valeva molto anche sul piano psicologico, l’ex Catania è partito dalla panchina, segnale evidente di un ruolo che non è più intoccabile.

L’ultima esibizione all’Arechi contro il Trapani ha fotografato con crudezza il momento: Inglese è stato il peggiore in campo, con una valutazione di 4,5, condizionato da un errore sotto porta e da una sensazione generale di smarrimento. I fischi arrivati dagli spalti hanno completato un quadro pesante. Giocare a Salerno, in una piazza così passionale e calorosa, è un privilegio ma anche una prova di resistenza mentale. Un attaccante vive di gol: quando la rete non arriva, tutto il resto si complica. C’è chi trasforma i fischi in benzina e reagisce, e c’è chi, per carattere, fatica a gestire la contestazione e tende a chiudersi. Inglese rientra in questa seconda categoria: è un giocatore che ha bisogno di sentirsi sostenuto, non messo alla gogna.

Sul piano della costruzione della rosa, qualche responsabilità ricade anche sulle scelte di mercato. Il ds Daniele Faggiano, affiancando a Inglese un profilo come Ferrari, ha di fatto preso due centravanti dalle caratteristiche simili: due attaccanti d’area, forti nel gioco aereo e nel presidio dei sedici metri, ma non complementari. Quello che è mancato vicino a Bobby English è stato un partner rapido, capace di attaccare la profondità, aprire gli spazi e costringere le difese a scomporsi. Inglese non è il centravanti che arretra costantemente per recuperare palloni o cucire il gioco: la sua casa è l’area di rigore, il suo habitat naturale è l’ultima linea, dove vive di movimenti e anticipi. Chiedergli di fare un lavoro diverso significa snaturarlo.

Già in estate, al momento del suo arrivo, erano circolate voci insistenti. Rumors raccontavano di un Inglese non completamente convinto dell’approdo alla Salernitana, complice – si diceva – una promessa di acquisti importanti per costruire una squadra da primo posto che non si è concretizzata come prospettata. In parallelo si rincorrevano indiscrezioni su una sua possibile partenza: l’Union Brescia era indicato come club interessato, così come non mancavano suggestioni su un clamoroso ritorno a Catania, società dalla quale si era svincolato a fine contratto proprio per sposare il progetto granata. Alla fine, però, sono rimaste solo voci.

Sul campo, comunque, Inglese ha lasciato anche lampi del suo valore. Basti tornare al 31 agosto a Cosenza: in un campo storicamente complicato, dove hanno perso sia Benevento che Catania, è stato un suo colpo di testa impetuoso a regalare il 2-1 e una vittoria pesantissima alla Salernitana. Un gol da centravanti vero, che sembrava il preludio a una stagione da trascinatore.

Oggi la fotografia è più amara. I numeri parlano chiaro: 4 reti in 15 partite, troppo poche per l’uomo chiamato a rappresentare il salto di qualità. E il dato più significativo è un altro: da quando si è interrotta la vena realizzativa di Bobby English, anche la squadra ha rallentato. Dal primo posto del girone C, la Salernitana è scivolata al terzo, a quota 32 punti, appaiata al Cosenza, a -5 dal Catania capolista e a -3 dal Benevento. Il campionato resta lungo, nulla è compromesso, ma il parallelismo tra il calo dell’attaccante e quello collettivo è evidente.

Per questo la gestione del momento di flessione di Inglese diventa un passaggio chiave. Fisicamente il giocatore sta, tecnicamente il suo curriculum non è in discussione: il vero nodo è mentale. Un centravanti che sente fiducia da parte del club, della tifoseria e dell’ambiente spesso riesce a riaccendersi all’improvviso. Al contrario, se percepisce soltanto pressione e sfiducia, rischia di affondare. Salerno, nelle sue giornate migliori, sa trasformare un calciatore in un idolo assoluto; nelle giornate peggiori può logorarlo. In questo frangente servono protezione e lucidità più che processi sommari.

All’orizzonte, intanto, si avvicina il mercato di gennaio e le voci tornano a correre. C’è chi dà Inglese di nuovo in uscita, proprio come qualche mese fa, e chi immagina scenari diversi: l’arrivo di un partner ideale – il nome di Facundo Lescano è uno dei più citati – al suo fianco potrebbe cambiare la prospettiva tattica. Una coppia formata da un centravanti d’area come Bobby English e da un attaccante di movimento, bravo a svariare e creare profondità, avrebbe tutte le carte in regola per fare faville.

Il messaggio alla piazza granata, allora, è chiaro: questo non è il momento di demolire Inglese, ma di sostenerlo. Parliamo di un attaccante valido, forte, che ha ancora i mezzi per ribaltare il giudizio e riportare il sorriso a una città che merita categorie più nobili di quella attuale. Che la promozione arrivi in via diretta o passando dai playoff, la Salernitana ha bisogno del miglior Bobby English per tornare in Serie B.

Le responsabilità del momento negativo non possono essere scaricate solo su allenatore, direttore sportivo e calciatori: troppo spesso diventano i parafulmini perfetti di una società che preferisce cercare capri espiatori piuttosto che interrogarsi sulle proprie scelte, dalle strategie di mercato alla programmazione a lungo termine. Ma il calcio resta semplice nella sua essenza: se un centravanti ritrova serenità, fiducia e gol, metà dei problemi si scioglie da sola. E la sensazione è che, se la Salernitana saprà coccolare Bobby English invece di fischiarlo, il numero 9 potrà tornare a essere l’uomo in più nella corsa verso la Serie B.