Faggiano, dal dramma del trapianto alla rinascita: “Ho perso 60 chili e sono tornato a vivere”

Un calvario lungo 100 giorni, un incidente, la malattia e poi la nuova vita: il direttore sportivo della Salernitana racconta la sua battaglia alla Gazzetta dello Sport

Elegantissimo, in doppiopetto, Daniele Faggiano ha chiuso a Milano il complesso mercato della Salernitana. Tutti lo conoscono, tutti lo salutano con affetto: da oltre 15 anni il dirigente pugliese calca le scene del calcio professionistico, tra Serie A, B e C. Ha girato l’Italia, vinto promozioni, costruito squadre. Ma la sua vittoria più grande resta quella con la vita. Dopo un calvario che lo ha costretto a 100 giorni in ospedale, oggi sorride con 60 chili in meno e la consapevolezza di essere rinato.

La carriera, dal campo alla scrivania

Classe 1974, da ragazzo aveva cominciato tra i pali, ma presto comprese che il suo futuro sarebbe stato da dirigente. A 28 anni debuttò in C2 a Noicattaro, partendo dal basso. A scoprirlo fu Giorgio Perinetti, che lo volle con sé a Bari e poi a Siena, due esperienze culminate con la Serie A al fianco di Antonio Conte. Nel 2012 arrivò la prima avventura da direttore sportivo a Trapani: quattro anni intensi, la promozione in B e la finale playoff per la A solo sfiorata. Poi il Palermo, lasciato dopo l’esonero di De Zerbi per mantenere la parola data al tecnico. Poco male: di lì a una settimana era già a Parma, protagonista della risalita lampo dei ducali dalla Serie D fino alla Serie A.

Dal 2020 la parentesi ligure, prima al Genoa e poi alla Sampdoria, fino allo scossone seguito all’arresto di Massimo Ferrero. Nel frattempo, la gioia più grande: la nascita della figlia Nina. Dal 2018 la famiglia si è trasferita a Pescara, ma dopo l’esperienza blucerchiata per Faggiano arrivò un periodo senza squadra. “Mi sentivo stanco, spossato. Pensavo fosse la mancanza di lavoro, invece i miei valori erano completamente sballati. L’emoglobina era a 5, quando dovrebbe essere a 13”.

L’incidente e la scoperta della malattia

Il 10 dicembre 2023 segna l’inizio del dramma. In autostrada, a San Benedetto del Tronto, diretto a Modena, Faggiano resta coinvolto in un incidente e si frattura due vertebre. “Firmai per uscire dall’ospedale contro il parere dei medici, ma una volta a casa mio padre e mio suocero mi convinsero a farmi controllare di nuovo”. Lì la verità cominciò a emergere: il fegato non funzionava più. Iniziò così un lungo peregrinare tra ospedali, prima a Torino e poi ad Ancona. Con i suoi 140 chili, la dieta fu il primo passo, seguita da cure e farmaci. Si parlava di trapianto, ma non era ancora considerato urgente.

L’approdo a Catania e la chiamata decisiva

Nell’estate 2024 Faggiano trovò squadra a Catania, ma il fisico non reggeva. Dopo un match a Biella contro la Juve Next Gen ebbe un nuovo malore. “Grazie al dottor Ciampi, capimmo subito la gravità della situazione. Mi indirizzò all’Ismett di Palermo, dove il dottor Gruttadauria prese in mano il caso. Prima un piccolo intervento, poi il trapianto divenne inevitabile”.

Il 19 dicembre 2024, una data impressa nella memoria: “Ero a cena con i miei genitori e mister Toscano, quando arrivò la telefonata: entro tre ore dovevo essere a Palermo. Era arrivato il momento del trapianto”.

Cento giorni tra dolore e paura

L’operazione riuscì, ma quello che seguì fu un percorso durissimo. “Sono stati i momenti più bui della mia vita. Non auguro a nessuno quel dolore. Ho pensato di non farcela, sono stato 100 giorni in ospedale. Ho avuto vicino mia moglie Giorgia, i miei genitori, la mia forza quotidiana. E poi il Catania, con Pelligra, Grella e i tifosi: mi hanno fatto sentire parte di una famiglia. Persino gli infermieri, che per accompagnarmi in bagno facevano una fatica enorme, li considero fratelli”.

Non mancavano i pensieri oscuri: “Una volta ho capito perché negli ospedali le finestre sono chiuse. Volevo aprirne una e scappare. Ma ho pensato a mia figlia, alla mia famiglia, agli amici veri come Perinetti, Ausilio, Baccin, ai giocatori Torregrossa e Inglese che venivano a trovarmi. E ho resistito”.

La rinascita granata

Da marzo la luce ha ricominciato a farsi strada. “Oggi vedo la vita diversamente. Mi arrabbio ancora, ma so che i problemi veri sono altri. Ho imparato cosa significa soffrire e se posso aiutare qualcuno, lo faccio”.

Poi la nuova chance, firmata Danilo Iervolino: “Il presidente mi ha trasmesso una carica incredibile. Il lavoro è la medicina migliore”. Al mercato di questa estate ha gestito circa cinquanta operazioni tra entrate e uscite, ridisegnando la Salernitana in un girone di ferro che comprende Catania, Benevento, Cerignola, Crotone, Monopoli, Potenza e l’Atalanta U23. “Ora affronto questo impegno con l’entusiasmo di sempre. Anzi, più di sempre. Mi sento come se fossi resuscitato”.