Lazio-Salernitana non è, non potrà mai essere una partita qualunque.

E' la gara che ad ogni cadenza di calendario dovrà preservare il fervido ricordo di ciò che è stato il contorto periodo Lotiniano. Chè, invero, dal punto di vista del risultato, ha prodotto, a margine della manifestazione d'interesse presso il Comune di Salerno, la vittoria di un campionato di Serie D (con il Salerno Calcio) e di quattro campionati (con l'U.S. Salernitana) nonchè di una Coppa Italia.

Come tutti i cicli destinati ad interrompersi, quello lotiniano, al netto di una promozione in A dopo 23 anni dall'ultima retrocessione, ha lasciato scorie, dubbi, incertezze, perplessità e tanta paura per effetto della "farsa trust", una sorta di lascito in favore di Fabiani e compagni della Salernitana, giunta in massima serie per essere congelata e riportata in B nel più breve tempo possibile.

Fortuna che prima della mezzanotte, il vero colpo l'abbia piazzato un certo Danilo Iervolino: imprenditore vero, futuristico, che si è da subito immedesimato nell'identità popolare, conducendo al rinascimento granata la beneamata dopo anni di plusvalenze con  "mamma Lazio" tra un "cinesino " apposto da i Rossi, Palombi e Lombardi di turno ed una multa non sanzionata al prestanome di Enrico Lotito, per eccesso di velocità sull'ormai dissestata Caserta-Roma.

Iervolino in punta di piedi, ha chiuso con il passato, riuscendo a fare la storia, grazie ad una salvezza miracolosa che ha assicurato (per la prima volta in 93 anni) la permanenza in massima serie della squadra granata, allestendo una formazione di tutto rispetto e, soprattutto, prospettica, per l'attuale stagione agonistica. 

Un sogno, un terno a lotto per Salerno e la sua gente, deturpata, defraudata della propria passione, per colpa di un grandissimo ossimoro costituzionale: lo Stato di diritto che non riesce a tutelare il diritto dei tifosi a seguire la propria squadra del cuore in uno stadio, nella città capitale d'Italia.

Ma tant'è: gli spalti vuoti del settore ospiti dell'Olimpico, faranno riechieggiare quel ritornello che ha fatto, l'anno scorso, innamorare anche i tifosi ospiti, al netto del "Ricordati di me, anche quando a fine campionato"... Brividi da offrire, rivivere non debellare o cancellare a colpi di tessera del tifoso e divieti.

Il rumore del silenzio che, magari, potrà essere squarciato dall'urlo della panchina granata, dopo aver esorcizzato la porta di Provedel, immacolata da troppo tempo, ormai.

L'olimpico sarà teatro del salto nel vuoto dell'ordine pubblico al netto del superamento del Covid, causa di un calcio vissuto ascoltando le urla dei 22 protagonisti in campo acuiti dai microfoni apposti a bordo campo.

Domenica, invece, richieggerà soltanto l'eco della Vergogna e del disonore per aver squarciato in gola l'urlo d'amore, quel "Ricordati di me" che sa di passione sullo 0-3 per gli avversari.

Ci sarà l'aquila a volare in un cielo grigio ed una coltre di gradini deserti espressione della sconfitta delle istituzioni a tavolino, senza neppur provare a giocarla la partita, quella vera, che rappresenta un diritto dovere in rispetto di contribuenti... (art.56 della Costituzione).

Più che Olimpia, Lotito e company dovrebbero far volare un falco per simboleggiare con i propri artigli, l'ennesimo turpiloquio verso la passione e fede incontrastata, quella che fa "arricchire" ed abbellire, impreziosire gli obbiettivi del calcio moderno ma sempre più antiquato.

Perchè il calcio è un pò tutto: rappresenta un popolo raccolto per la sua  fede, ma uno stadio senza il suo popolo, gli sfottò. gli striscioni, che stadio è...