La vittoria di Altamura è un tassello utile, ma non un punto d’arrivo. Daniele Faggiano, direttore sportivo della Salernitana, lo ripete con fermezza ai microfoni di LiraTv durante “Gol su gol”, difendendo il percorso della squadra e alzando l’asticella dell’esigente piazza granata. «È un buon risultato, però non possiamo accontentarci», esordisce. «Possiamo e dobbiamo fare di più: contro di noi tutti vogliono mettersi in mostra, e la cornice dei nostri tifosi al seguito aumenta le motivazioni degli avversari. I commenti disfattisti non aiutano: a me e alla squadra non fanno bene. L’unione di intenti con Pagano, Milan e Iervolino è forte: chi prova a destabilizzare non trova terreno fertile. Il mio impegno è totale».

Faggiano entra nei dettagli della gara e del momento. «Non scelgo i giocatori in base ai numeri, ma li uso per difendere il lavoro del gruppo: ad Altamura abbiamo avuto più possesso palla. Nel primo tempo abbiamo giocato controvento e, nel nostro momento migliore, abbiamo anche rischiato di subire. Se giocassimo meglio ma poi perdessimo, so già che arriverebbero critiche diverse: preferisco soffrire e vincere a giocare bene e perdere. In Lega Pro contano i punti».

Sul fronte mercato, il ds prende posizione contro le voci premature: «L’estate è durata due mesi e già da ottobre si parla di sessione invernale: così si rischia di turbare uno spogliatoio che, in 14 partite, è stato praticamente sempre primo. Con Pagano ho un rapporto quotidiano: ci sentiamo più volte al giorno per il bene della Salernitana. Leggo già nomi in uscita e in entrata: spesso c’è chi scrive per cercare visibilità. Da quando è finito il mercato non ho staccato un attimo: il ruolo del direttore sportivo non ha ferie. E mi infastidisce ascoltare attacchi ad alcuni calciatori: poi scopri che c’è chi ce l’ha con uno perché non è stato invitato a cena. Sono cose piccole: se c’è un problema, lo si dica in faccia».

Autocritica, ma anche rivendicazione della scelta degli uomini. «Posso aver sbagliato qualche giocatore, ma non gli uomini: qui la maglia si suda e i comportamenti sono quelli giusti. Sono rammaricato per un tempo buttato via a Latina, mi tengo il pari con il Crotone. Ad Altamura — squadra guidata da un grande allenatore — all’intervallo ci siamo guardati negli occhi e ci siamo detti che dovevamo vincerla: è il nostro motto, dal primo all’ultimo allenamento prima della partita. Stiamo lavorando per capire perché, a volte, ci svegliamo solo dopo aver preso gol: poi dimostriamo chi è la Salernitana».

Lo sguardo sulla sessione di gennaio è pragmatico: «Il mercato invernale è di riparazione: l’obiettivo è fare meno danni possibile. Qualcosa ci sarà, ma con giudizio. Non so se riempiremo tutti e due gli slot: valuteremo. Se potessi restare con questa squadra e riempire gli altri due slot, non mi dispiacerebbe».

C’è anche il capitolo tattico, condiviso con Giuseppe Raffaele. «Stiamo lavorando per cambiare qualcosa in campo: il mister sta cercando soluzioni diverse e noi dobbiamo valorizzare Capomaggio nel suo ruolo migliore. È stato fondamentale: può fare la mezzala e anche il vertice basso in un centrocampo a tre. Il gol incassato non ci ha fatto impazzire — né me, né l’allenatore, né i giocatori: è stato ingenuo. Quando non abbiamo preso gol, non siamo riusciti a farne: serve equilibrio. Consideriamo pure che gli ultimi acquisti sono arrivati l’ultimo giorno di mercato. E non è semplice per l’allenatore lasciare in panchina Liguori, Ferraris, Ferrari, Inglese o Achik».

Il ds rifiuta distrazioni e classifiche: «Ho paura della Salernitana, non degli altri: temo quello che possiamo fare o non fare noi. La classifica non la guardo: penso solo alla partita di domenica con il Potenza. Tra infortuni e squalifiche può succedere di tutto: testa solo alle gare, il resto — mercato compreso — va messo da parte. E quando feriamo l’avversario, dobbiamo “ammazzarlo”: lo ripeto spesso ai ragazzi. Le partite vanno chiuse».

Poi un passaggio personale, che intreccia città, spogliatoio e identità. «Per me Salerno è una tappa fondamentale della vita, non un punto di partenza o di arrivo. Ho attraversato un periodo duro, che non auguro a nessuno, ma non mollo e nemmeno la squadra lo deve fare. Vedere Liguori esultare con quella foga, Di Vico disperarsi per un pallone perso, Golemic esultare di cuore: sono immagini che mi piacciono. Con i ragazzi ho un rapporto speciale: per qualcuno sono un genitore, per altri un fratello. In settimana, con Pagano, Raffaele e Iervolino, ho fatto venire un cuoco al Mary Rosy per una paninata: serviva ritrovare entusiasmo e far capire al gruppo che siamo sereni. Vedo coesione in ogni reparto della società: nessuna sconfitta — e prima o poi arriverà — dovrà scalfire questo legame. Meglio piangere adesso per ridere dopo».

Il filo conduttore è la concretezza: risultati prima delle chiacchiere, una squadra che si riconosce nel lavoro quotidiano e una dirigenza compatta. Il resto — tabelle, percentuali, “indiscrezioni” di mercato — è rumore di fondo. La Salernitana, nella visione di Faggiano, deve restare concentrata su ciò che conta davvero: «In Lega Pro contano i punti». E, per come la racconta il ds, il gruppo c’è — di “veri uomini” — pronto a soffrire quando serve e a chiudere le partite quando c’è da colpire